In questi giorni in una rara giornata di libertà siamo andati al mare a Talamone con Luca e mi sono sorpresa, guardando i “cittini” che giocavano sulla spiaggia, di quanto tutto sia cambiato da quando eravamo piccoli noi ma anche i nostri figli nati negli anni ’80.
Vi ricordate le giornate passate a giocare a biglie con il costume che si riempiva di sabbia quando il babbo ci trascinava per le gambe per fare la pista? Oppure costruire i castelli di sabbia con le guglie, giocare a tris o a indovinare i nomi disegnando con un bastoncino sulla sabbia umida, e i più temerari (Luca in primis) fare il vulcano.
I barberi
A Siena per fortuna tutto questo non è successo e camminando per le strade della città potrai vedere ancora i bambini che giocano al Palio con i barberi. Si chiamano “barberi”, come i cavalli del Palio, le biglie dipinte con i colori delle Contrade. Il Palio dei barberi si corre in piste tracciate sulla sabbia, sull’erba, o su piste di legno a tre giri, nelle quali i barberi corrono per caduta. Alla fine la pista si restringe e un incavo a forma di cucchiaio riceve un solo barbero che è il vincitore.
Dal 1950 sono anche utilizzati nel marchingegno meccanico che determina sul palco dei giudici l’ordine della mossa del Palio.
Possono essere di legno, creta o plastica. I più rari, ormai oggetto di collezionismo, sono in legno ricoperto da listelline di carta colorata incollate individualmente.
Luciano Scali nel suo libro “Come ci si divertiva noi vecchi quando s’era piccini” racconta come “all’Oratorio del Sacro Cuore in via del Sole, i ragazzi si disponevamo tutti attorno a un tavolo con i mazzetti di carta colorata acquistati alla cartoleria della “sora Stella”, oppure “all’appalto” di Gano Salvatori, armati di forbici e di colla fatta con acqua e farina, per rivestire i barberi. Era un lavoro difficile poiché bisognava ritagliare tanti spicchi di carta di vari colori e poi incollarli sul barbero il cui diametro non arrivava a due centimetri. I più facili erano quelli che avevano il fondo unito come: Nicchio, Torre, Aquila, mentre per gli altri occorreva disporre gli spicchi alternati.

Quando la superficie della sfera era completata, occorreva ritagliare una fascetta che non facesse vedere le giunte fra gli spicchi della semisfera superiore con quelli inferiore e mettere poi due piccoli dischetti ai poli della sfera per nascondere qualche magagna ai vertici degli spicchi.
Un lavoro da certosini e di una difficoltà estrema dove le dita appiccicaticce si attaccavano agli spicchi incollati con tanta fatica tirandoli via dal barbero e facendo ripetere l’operazione un’infinità di volte.
Alla fine il lavoro non risultava poi tanto male, magari un po’ impiastricciato di farina, ma nel complesso da renderci orgogliosi lo stesso.”
In un mondo dove anche i giochi antichi e semplici scompaiono, ancora una volta ti rendi conto di quanto siamo fortunati a vivere a Siena, una città dove la tradizione è sempre viva e non morirà mai.
Mi chiedo: la nostra è solo nostalgia…o effettivamente i giochi di una volta, che richiedevano un pò di manualità, si sono persi strada facendo?